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Anche da questo punto di vista abbiamo instaurato un percorso virtuoso.. In effetti la fondazione gode del contributo del Comune di Milano e Regione Lombardia oltre che delle sponsorizzazioni private di Unicredit e IGP Decaux … Parliamo dei budget, del vostro rapporto con le istituzioni… I rapporti di collaborazione con la Regione e il Comune, che hanno dato contributi economici alla mostra, si affiancano a quelli di partner privati come Unicredit e.
Decaux, e naturalmente alle nostre forze. Non siamo un'iniziativa che vuole porsi in alternativa al pubblico, ma affiancarla ed arricchirla. Io stesso, a ben vedere, non saprei bene come definirmi nel panorama delle correnti del secondo Novecento. E dal 23 Settembre si aprono i battenti con "la scultura italiana del XX sec. La mostra ospita una sezione dedicata ai giovani come Tuttofuoco, Gabellone fino a Cattelan. Inoltre la Fondazione bandisce il suo primo Concorso Internazionale dedicato ai giovani scultori. Un secolo di scultura Una riflessione sulla prima mostra della Fondazione da parte del curatore Marco Meneguzzo Questo, ovviamente, fa parte del gioco, ma fortunatamente non esiste la "mostra perfetta", ma solo rassegne che si avvicinano a una forma accettabile e coerente di interpretare il mondo: Alla provincia di Siena sicuramente non mancano bellezze naturali, miracoli gastronomici e gemme artistiche.
E non mancano neppure i musei, piccoli scrigni sparsi da San Gimignano a Montepulciano. Una nuovissima fondazione ci prova. Con prudenza e lungimiranza. Presentandosi con una mostra diffusa in undici sedi. Senza questi apporti la nostra scommessa sarebbe azzardata. Ci sono in Italia o all'estero esperienze comparabili in termini di gestione museale? Avete fatto riferimento a qualche altra configurazione simile costituendo l'ente? A Siena e non solo si favoleggia sulla dotazione milionaria della Fondazione. Facciamo un po' di numeri. Quale tipo di budget avete a disposizione? I nostri principali finanziatori sono la Fondazione e la Banca Monte dei Paschi di Siena entrambe partecipanti istituzionali della Fondazione Musei Senesi , ma i Comuni e gli altri enti titolari dei nostri musei contribuiscono in maniera rilevante anche se difficilmente quantificabile alla gestione del sistema.
Vi saranno dei nuovi collaboratori?
Torniamo agli eventi temporanei. La Fondazione si presenta agli studiosi ed agli appassionati con una mostra itinerante. Di che genere di evento si tratta? Abbiamo pensato che una rete di undici piccole mostre in altrettanti musei corrispondesse bene a tali obiettivi. L'evento espositivo - intitolato Capolavori ritrovati in terra di Siena.
L'ultimo parla di funghi Una vera e propria chicca. Duecentocinquanta metri quadri, inaugurati un anno fa dal sindaco Michele Boscagli, suddivisi in quattro nuclei espositivi che raccontano il mistero del tartufo facendosi spazio nelle sale del castello medievale di San Giovanni D'Asso. Ma non ci si ferma ai richiami all'antico. A base, manco a dirlo, del Mozart dei funghi, come ebbe a definirlo Gioacchino Rossini. Siete dotati indubbiamente di un network formidabile. Tuttavia i musei non sono gestiti direttamente dalla Fondazione, ma semplicemente affiliati.
Pensiamo comunque di avviare sperimentalmente la gestione di alcuni musei e di estenderla all'intero sistema soltanto in un secondo momento, ovviamente una volta acquisito il consenso di tutti i soggetti interessati. Per definizione un istituto come quello della Fondazione punta ad aggregare soggetti, istituzioni ed enti.
Quali sono i vostri obiettivi in questo senso? Quali strutture cercherete nel medio periodo di "portar dentro" in questa avventura culturale? Ma il discorso non finisce qui: Biennali invisibili, obiettivi sensibili Si chiama "Sindrome di Marco Polo", ansia che spinge alla scoperta e continua esplorazione di nuovi mondi e culture.
Dagli anni '90 ci siamo abituati alla nascita continua di nuove Biennali d'arte. In questo scenario le esposizioni pluriennali giocano un ruolo determinante. Anzi qualcuno ha definito Biennalizzazione la recente tendenza alla moltiplicazione di eventi a cadenza bi o triennale. A vederla oggi, quella nascita, suona quasi come un processo di globalizzazione ante litteram. Giancarlo Politi, Elena Kontova A proposito di Documenta, Anna Cestelli Guidi scrive che l'avventura delle biennali si sviluppa come una fenice che rinasce dalle ceneri dell'istituzione museale; quei musei che per i futuristi erano cimiteri da distruggere e per Adorno "sepolcri di famiglia".
Pur nei modelli in continua evoluzione, in linea di principio le ragioni che generano una biennale non sono di molto cambiate nel tempo. Le biennali continuano oggi ad ammantarsi di. Lo dimostra anche la resistenza di questi eventi nel tempo. Tante sono infatti le biennali nate in tempi recenti, ma tante sono pure quelle morte o ridimensionate. Se non supportate da istituzioni, da un sistema struttu-.
Strutturate come simposi o work in progress, queste biennali riescono spesso ad inventarsi formule originali, modelli inediti. E riescono anche a diventare realmente luoghi di dibattito critico e teorico, un po' come accade anche per le Biennali nomadi, come Manifesta. Ma eccoci alla seconda contraddizione. Stacey Schmoidt, Jonathan Binstock.
L'epoca mitica del viaggiatore rischia infatti di trasformarsi in un grande equivoco; a conti fatti, tra calendari intasati e timori legati alla sicurezza dei trasporti, tra rischi di attentati e voli lowcost, la comunicazione rischia di viaggiare al posto del viaggiatore. E la terza contraddizione: Quasi naturalmente viene alla mente l'operazione di Gregor Schneider all'ultima Biennale di Venezia. Vistasi rifiutare la sua. Niente di nuovo certo ma l'opera, nel caso specifico, assume un valore quasi paradigmatico per la Sindrome di Marco Polo con cui abbiamo preso le mosse.
Questo rizoma si sarebbe rivelato dun-. Globalizzazione dell'arte anglosassone e inglobalizzazione di artisti provenienti da luoghi privi di mercato proprio e che, per questo, una volta cooptati consentono nel breve termine margini di moltiplicazione di valore economico straordinari sulle piazze occidentali. L'artista belga negli ultimi dodici anni ha collezionato qualcosa come sedici Biennali: Eppure, nello stesso period o ,. Charles Esche, Vasif Kortun Black Market Vilnius, Lithuania Curatori: Solange Oliveira Farkas Paulo Sergio Duarte A questo si potrebbe aggiungere che quelle stesse aree finiscono per assolvere una doppia funzione sul mercato dell'arte.
Come dire l'arte ridotta alla sua ipotesi, alla sua assenza e tra-. Che infatti sono divenute vere e proprie borse dell'arte internazionale, perfetto complemento delle biennali stesse. Chrissie Iles, Philippe Vergne Busan Biennale Busan, Repubblica di Korea. La Biennale asciutta A poche settimane dalla chiusura della cinquantunesima edizione torniamo a parlare di Biennale d'Arte di Venezia.
Con un articolo che pone la mostra costruita dalle due curatrici spagnole in un flusso espositivo che parte dalla fine degli anni Novanta e dunque dalle Biennali curate da Harald Szeemann passando per quella di Francesco Bonami Questo autentico "curatore indipendente", questo collezionista d'incontri umani, allestitore infaticabile delle proprie mostre, lo ricordiamo nell'ufficio stampa subissato come sempre dalle richieste dei giornalisti.
Nella sua seconda Biennale aveva posto il Pensatore di Rodin al centro di assembramento di maschere e statue tribali di ogni parte del mondo. Molti erano abituati a considerare dittatori i collezionisti, i curatori, direttori di musei o i politici della cultura. L'ultimo anello della catena sembrava invece a Bonami quello decisivo. Come Szeeman prima di lui, anche Bonami affrontava un tema vasto, dalle implicazioni sociali e pensato per affrontare il mondo contemporaneo da un punto di vista esterno, piuttosto analitico.
Il sottotesto di Bonami sembrava scritto in inglese americano, lingua di un sistema in cui gli sponsor, il marketing, la vendita di gadget e biglietti influiscono sui musei in. Il sistema dell'arte evoluto, quello dei Mister Saatchi e dei Monsieru Pinault, ha in Bonami il suo curatore e nella 50esima Biennale la dichiarazione fattiva dell'inadeguatezza di un unico monolitico percorso di senso.
Bonami lo sa e gioca ad indebolirsi per lasciare spazio ai discorsi dei colleghi: Alla grande domanda della Biennale si risponde insie-. La prima grande domanda di questa Biennale riguarda dunque lo sguardo femminile. La prima sala dell'Arsenale in mano alle Guerrilla Girls sembra esprimere intelligenti slogan di un tempo trascorso, davvero difficile da ritrovare nell'era delle veline.
Le due "direttore" non si lasciano andare alla sfida, rischiosa ma interessante. Le due curatrici avrebbero potuto mettere un punto fermo. Ma sarebbe stata una nuova "analisi" con giudizio perentorio annesso. Le due spagnole scelgono il rifugio eccentrico di due titoli significativi: L'esperienza dell'arte accoglie Maria De Corral tra le pieghe di un mare sempre in tempesta, da cui sgorgano. Di fronte al pericolo, dichiara: E di "viaggio frammentario come una drammaturgia soggettiva e appassionata" parla Rosa Martinez, che propone Corto Maltese, il personaggio dei fumetti di Hugo Pratt, come il Caronte delle istanze neoromantiche nel nostro mondo disincantato.
Una scelta che sembra dettata da una passione inconfessata della curatrice. La Biennale dei cento artisti contrasta le sue precedenti anche nei mesi di preparazione: Distinzioni labili ma che forse possono per ora indicarci una differenza di approccio tra i due curatori precedenti e le due curatrici di oggi. Che non siano loro, in tempo di massima globalizzazione, il vero corpo sognante delle future Biennali? Due passi avanti e uno indietro Lo sguardo disorientato della Cina. In Europa, e soprattutto in Italia, proliferano eventi d'arte sull'ex Celeste Impero. In un contesto in cui di Cina si parla per qualsiasi cosa, dai diritti umani alle importazioni di pullover.
Di cosa parlano gli artisti cinesi? Come non ricordare l'entusiasmo di Sartre. Sin d'ora vanno citati almeno Hai Bo, presente anche alla Una storia che porta il nome di Deng Xiaoping, figura legata alla relativa o eccessiva?
Come ha fatto notare Corrado Neri, il film Jiang Jie fir-. Dispacci da Pechino Oggi ne parlano tutti. Da Londra a Roma a New York non si dice altro: L'art district di Pechino si afferma come nuova mecca dell'arte internazionale. Attirando intellettuali, art lovers, artisti e collezionisti. Facciamo un po' di storia della Factory nel quartiere di Dashanzi, la fabbrica dell'arte della Cina Fino a pochi anni fa era il nome di un complesso industriale, semiabbandonato alla periferia di Pechino.
Grandi capannoni, tubi arrugginiti e sbuffi di vapore misuravano il tempo nelle lunghe vie grigie e desolate dell'east end pechinese. In principio gli artisti usavano i locali in affitto come abitazione e studio, per poi esporre le loro opere negli enormi capannoni comuni, ancora decorati con le scritte rosse inneggianti a Mao, impresse a caratteri cubitali sulle volte. Quindi, sono arrivate le gallerie. E il tutto ad un passo dall'arte ufficiale: Il primo a comprendere l'importanza di quello che. Microscopiche, come quella di otto metri quadri dell'artista Ma Han, o enormi come l'italiana Continua.
Alcune delle fabbriche sono ancora in funzione: La fabbrica doveva essere interamente demolita, per costruire un immenso compound. Dopo numerose proteste da parte di artisti, galleristi e appassionati, l'amministrazione ha deciso di cambiare i suoi piani. Ma solo in parte. Memoria surrettizia, come scriveva Freud. Ma si sa, l'irresistibile fascino del pourri persiste ed insiste. E si ritrova talora, dopo un viaggio a tratti sorprendente, negli stessi artisti cinesi celebrati in Europa e negli States. Ossia la proliferazione che da qualche anno, e soprattutto da qualche mese, ha colto l'Italia.
Mentre si parla e si discute di dazi doganali per i prodotti cinesi esportati in Europa, numerose mostre "cinesi" sbarcano in Italia. Ma non mancano eventi meno appariscenti seppur interessanti, come la rassegna di videoarte "D. E come non pensare alle trasferte italiane in Cina, guidate dall'intraprendente Marella, per poi proseguire con la Galleria Continua e in futuro con la Fondazione Prada. Ma facciamo un passo indietro, anzi di lato.
Nel video Why Lenin? Come un ricordo che, sbiadendo, diviene un seme canceroso inarrestabile. I photocollage del primo, che "ritraggono" interi isolati, permettono di individuare i cambiamenti architettonici urbani che a ritmo incalzante sconvolgono le metropoli cinesi. Le fotografie panoramiche di Zhuang Hui consistono invece in distese enormi di uomini e donne, omologati dalla divisa o anche solo dal ruolo che rivestono. Che si tratti di poliziotti od operai, la moltitudine viene recepita innanzitutto come massa abnorme, dando corpo alla xenofoba con-. E ancora dal video del taiwanese Chen Chieh-jen, Lingchi Echoes of a Historical Photograph, che riprende la tristemente celebre tortura che aveva affascinato anche Bataille.
Mentre le ben note stampe erotiche vengono rese fumettistiche da Wei Guangqing. Parola di Marella, in "Exibart. Uno sguardo ad Oriente, Vallecchi, Firenze Dispacci da Shanghai Un viaggio nella Shanghai del futuro, fra velocissime trasformazioni ed ancoraggi in extremis ad una tradizione millenaria. O meglio, QUI fuori… dei cortei isterici e della propaganda surgelata. Si chiama di dover attraversare allarmanti impalcature di Regeneration of Suzhou River Theater: Party in progress - Do Una veduta aerea del quartiere delle gallerie in costruzione - ph Pietro Fazio you have a ticket?
Millennio sulle coste purpuree del futuro, e carica di rumori industriali e marziali. Nuvole minacUna trentina di gallerie e poi, in questa Chelsea dolShanghai's Zeppelin fonde potentemente la ciose, in movimento continuo, occupano il cielo gricemente taroccata, negozi d'arredamento, graziosi cultura alternativa degli anni Settanta con gli incubi gio, su cui si stagliano ciminiere: Improvvisamente cala la notte, e delle scritte me griffe dell'Impero di Mezzo. Siamo al 50 di biente artistico della capitale economica della nuova in dissolvenza raccontano gli avvenimenti recenti Moganshan Road, in quello che ormai tutti chiamano SuzhouCreekArtDistrict o, con una occidentalissiCina restituisce l'immagine di una predilezione sfreattraverso alcune date chiave: Il tici, s'installano al centro di grandi tele, solitamente giocare spontaneamente con le emozioni e con i bianche.
Questi quadri loro mondo ed irresistibilmente incuriositi dal loro hanno il potere di trasmettere immediatamente e contraffatta della Puma. Una relazione elementare approccio non intellettualistico ed imbevuto di vita senza retorica l'energia spersonalizzante e l'allegra ed antica collega il nonno saggio, il padre sacrificato pulsante. Essi vivono, 1 Cfr. Ecco il nuovo spazio Fitzcarraldo di Milano. Della parte artistica ci racconta Federico Poletti Chi sono gli ideatori di questo nuovo spazio milanse? I fratelli Aurelio e Francesco Stragapede con Emanuele Perini sono i giovani imprenditori, provenienti dal settore immobiliare Aurelio Stragapede e dell'entertainment notturno Francesco Stragapede ed Emanuele Perini , che hanno deciso di avventurarsi in quest'impresa totalmente nuova ed emozionante: Degustare un bicchiere di vino, godersi una mostra, un oggetto di design o immergersi semplicemente nella natura del concept flower.
Viale Angelo Filippetti 11 fede. Per i Dormice lavorate con la collaborazione di Bagnai e Carini, due galleristi di esperienza e mestiere. Proseguirete in questo modo, con collaborazioni e sinergie? Crediamo fermamente nella collaborazione con professionisti di livello galleristi, curatori, critici e stiamo avviando un'intensa rete di partnerships anche a livello internazionale.
In linea con la filosofia dello spazio proponiamo due eventi: Un'associazione di Milano decide di fare il grande salto: Ce ne parla Maurizio Sacchi Uno spazio espositivo in un centro commerciale. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi?
I vantaggi e gli svantaggi li scopriremo vivendo questa esperienza. Inoltre, nella sede di Milano, vengono proposti corsi di disegno e pittura. Su quale tipo di pubblico puntate? Clientela giovane e di buon livello culturale, che unisca al piacere dello. Seriate Tel 02 mauriziosacchi fastwebnet. Si alterneranno ogni due settimane mostre di artisti contemporanei. Nel contesto delle varie esposizioni, saranno presentati libri, proposti concerti di musica, letture di poesie e performance dei vari artisti.
Nel cuore barocco di Roma.
Tra videoarte, performance e collaborazioni con spazi stranieri… Avete inaugurato il vostro nuovo spazio nel pieno del periodo estivo. Da cosa nasce la galleria? Quali sono e da dove vengono le persone coinvolte nel progetto? Questo primo evento presenta il lavoro video Impossible. I prossimi appuntamenti verteranno sul festival di videoarte e seminari. La prima mostra ha visto una collaborazione con una galleria di Belgrado. Quali sono i programmi per la ripresa della stagione?
Crediamo inoltre nello scambio tra culture differenti ma tanto simili. L'idea nasce per creare una residenza per artisti a Ragusa. E fin qui niente di strano. Con l'ambizione di far produzione contemporanea a Ragusa. Ci risponde Emilia Sala, milanese in Sicilia Senz'altro una sfida, e forse anche un po' un atto di follia, che nasce dal mio interesse per le opposizioni e i contrasti. Mi piace pensare che la periferia possa diventare centro. In un secondo tempo ho coinvolto nel progetto Gianluca Reggiani, milanese come me e attivo come editor.
Come si compongono i vostri spazi espositivi? A Ragusa non esistono, per il momento, altre iniziative come la nostra, ma ci auguriamo che nascano presto. Partite il 24 settembre con una mostra di Helen Mirra, giovane americana, e poi? Maria del Giglio, San Marco , Venezia tel. Un'arte che non si appende alle pareti del salotto. Che parla di riti ancestrali, di rivendicazioni territoriali, dello spirito che si attualizza nella materia. Tra credenze religiose e artisti etnologi Parole sussurrate e colori caldi.
Ma anche sedie contro il muro e dialoghi senza via d'uscita. Le stanze della pittura italiana del Novecento. Spazi della riflessione e della melanconia. Interni come specchi dell'anima in cui prendono forma le inquietudini. Ansie e desideri di un'intera epoca Non solo per illuminare le opere, ma per dare loro vita.
Facendo coincidere medium e contenuto. Un gruppo di artisti manda in cortocircuito Bolzano Tra le opere di quegli artisti, in fondo emarginati dal circuito tradizionale, propugnatori di un'arte che ha smesso i panni puramente estetici per tornare a svolgere la funzione di collante sociale. Per concentrarci su un'arte meno conosciuta. Il piede rimanda alla presenza spirituale del Buddha, il quale si narra abbia lasciato la propria impronta su una lastra di marmo. La tecnica di Shiraga ricorda il dripping di Pollock, sebbene in questo caso non si tratti solamente di un modus faciendi, quanto di un vero e proprio rito.
Un atto che vuole trasporre ed attualizzare lo spirito in un gesto che non ha nulla di artefatto come impugnare un pennello, strumento comunque estraneo al corpo. Questa irruenza pittorica ha procurato al monaco diversi danni agli arti e ai polmoni a causa delle numerose cadute e del contatto con gli acrilici. In questa mostra presentano la documentazione del rito d'iniziazione al credo buitista del Gabon che prevede tra l'altro l'assunzione di una pianta sacra, l'iboga, responsabile di una perdita di conoscenza che porterebbe al distacco dell'anima dal corpo.
Come accadde al cameraman degli artisti, sottopostosi anch'egli al rito, e che ancora oggi non ha recuperato il senno. Risultato artistico di questo viaggio sono La Pala de Libreville , il polittico nella terza sala, che presenta una sorta di rivisitazione primitiva dell'iconografia cristiana dell'ultima cena, e Bwiti Turning che sfrutta la frastornante iterazione d'immagini della lanterna magica - utilizzata nel XVIII sec.
Non l'amore da canzonetta, ma quello controverso, teso e problematico. Quest'ultimo, sulla parete della prima sala, fa contrasto con il verde ai piedi, i morbidi cuscini su cui sdraiarsi ed i leggeri tendaggi trasparenti che creano una veranda. E dalla veranda si passa nella cameretta dei bambini, voluta da Doreen Uhlig per ospitare cavallini a dondolo, lavagne e mattoncini colorati di legno. E dopo alcuni minuti di silenzio ricomincia, facendo ripartire questo rito di purificazione per accogliere di nuovo l'amore, il calore dell'esterno. Una frase in nero sul muro invita all'amore: Entrambi di fianco, distanti, nudi, nella penombra, lei snocciola tutti i dubbi, le incomprensioni, le differenze culturali, i preconcetti che li dividono, lui accenna qualche mozzicone di discorso, mentre il suo pene eretto si affloscia.
Scendendo le scale si entra nella camera da letto matrimoniale di Oliver Blomeier e Melati Suryodarmo, anch'essa rossa, ma fredda, come il video muto che scorre grande sulla parete: Al letto deserto seguono una serie di sei alcove su due livelli ai fianchi del corridoio, nidi d'amore di un infuocato rosso assoluto, con un'abatjour di stoffa ed un piccolo amplificatore che suona ammalianti canzoncine. Un po' orientali, un po' francesi.
Sui contrasti giocano anche le ultime due sale: Nei loro lavori le ombre si allungano inquietanti e minacciose sullo scacchiere di una prospettiva claustrofobica che diventa proiezione dello stato d'animo. Sono gli spettri del dramma collettivo a fare allora da capolinea nella pittura del dopoguerra, in Banchieri e Ceretti ad esempio, fino all'irruzione nello spazio del quotidiano della moderna tecnologia e della conseguente iconografia di massa. Le stanze, come scatole di tv-color, sono teatrini vuoti in cui si consuma l'irreversibile disintegrazione di situazioni, cose e persone.
All'interno della mostra Light Lab, la luce diventa protagonista assoluta, capace di divenire in modo tangibile significato e significante, mezzo espressivo dell'opera d'arte di cui delinea forma e contenuto. Attraverso il progetto, Museion ha innescato a Bolzano una serie di cortocircuiti, nelle sale e in luoghi cittadini, isolando il momento di tensione del medium luminoso all'interno dell'atto comunicativo. Di corto circuito - nel vero senso della parola - si tratta nel caso dell'installazione site-specific Elektrosex di Michael Sailstorfer che fa "baciare" due lampioni lungo un sentiero del grande parco cittadino sulle rive del Talvera.
E subito scocca la scintilla, intensa ma quasi impercettibile all'occhio, come un innamoramento. L'opera invita gli spettatori a sporgersi attraverso una scaletta posticcia per sbirciare fuori da una finestra del museo, un'apertura che si affaccia nell'intercapedine buia tra l'edificio e quello vicino. Sovrastando un divano rigido ricoperto allo stesso modo di refrattaria superficie specchiante. Di luce indiretta vive invece la lampadina di Ceal Floyer: L'intermittenza disturba la luce emanata da eleganti lampadari veneziani nella sala di Cerith Wyn Evans.
Un'intermittenza utilizzata per trasmettere passi di opere letterarie famose, trascritti in tavole alle pareti: Qui la linea verticale scende velocemente verso il basso per divenire orizzontale, attraverso un movimento leggermente molleggiante. Con l'aiuto di alcuni studenti ha ricoperto l'intera superficie - dalle pareti al soffitto, alle enormi vetrate - di piccoli pezzetti di nastro adesivo di carta chiara, fino ad ottenere un manto fitto ma non coprente. Anzi, un nuovo modo di mettere in luce la percezione delle pareti.
Dove si incontrano maestri affermati e giovani promesse. Firenze guarda al futuro Si misura nella delicata diplomazia delle passioni. Una diplomazia di contatti, fisici con l'architettura disegnata da Natalini e destinata in gran volume alla Coop, e dialettici con il sistema dell'industria culturale che a Firenze "sverna" qualche weekend per una sfilata e un crostino. Dopo i primi sei mesi di vita una serie di iniziative arricchiscono di molte sfumature la kunsthalle fiorentina. Atlante, En plein air, Passages: Diversi per linguaggi, generazione e provenienza, gli artisti invitati da Sergio Risaliti offrono una visione del mondo complessa, senza il brivido scoordinato di una collettiva; esprimendo, anzi, indipendenza e autonomia.
Nella main-room campeggia una grande installazione. Pittura mozzafiato di Enzo Cucchi. Un asino mangia biada da un sacco tricolore. Delle lampade accese sullo stomaco portano disegni d'ispirazione dantesca. Le stesse lampade, ma a centinaia, corrono lungo un quadrilatero di legno antistante l'ingresso. Di fianco a Cucchi, ecco Luca Stoppini, alla sua prima personale italiana. Su testate di letti e specchiere vengono incastonate le pitture fotografiche, frutto di un processo che si avvale dello strumento digitale ma che viene scaldato dalle attese di tecniche vicine alla pittura ad olio.
Carnale e colorato, liquido e sporco, il lavoro di Stoppini trasuda in un allestimento ricco e sempre in progress. Si tratta di Robert Pettena. Marcello Maloberti si confronta invece con lo spazio pubblico, lo stesso percorso dalle famiglie col carrello appena uscite dal supermercato, o della piazza con giardino e oasi di ristoro. Una tenda da ambulante, quattro automobili, mille specchi, musica e vento per creare una coreografia da campo nomade. Bambini al sole che ritagliano libri di animali tra lattine di birra, le stesse che disegnano in terra il passe-partout dell'intercalare di periferia - 'cazzo'.
La piazza si anima di consumatori spaesati e comparse da performance che con degli asciugamani da zoo-safari spiaggiano l'asfalto circostante. Un corridoio conduce ad una stanza blu, lunga e buia. Seggiole bianche da giardino invitano a sedersi per seguire lo slide-show di Rinko Kawauchi. Infine, il ciclo pittorico di Alessandro Casati, che ha accompagnato la storia di Quarter nel corso dei suoi primi mesi di vita, giunge all'episodio conclusivo. Il giovane artista completa la serie aggiungendo tre nuove tele a quelle che ormai da circa sei mesi incorniciano le pareti del foyer.
L'inaugurazione ha visto anche l'intervento fuori programma di un gruppo di attivisti, gli stessi che gestivano il bar, i quali hanno rievocato il delitto Giuliani con una performance 'al pomodoro'. Un luogo che si sta guadagnando la breccia della scena cittadina. Alessandro Dal Pont La scoperta dell'America Una riflessione intrigante ed obliqua sull'immaginario fumettistico americano.
La cultura popolare a stelle e strisce contaminata dal mito greco. Alla ricerca di un connubio fertile tra antico e moderno Quattro opere ad incunearsi nelle stanze della galleria Peola, cercando il proprio spazio e trovando una propria congeniale dimensione. In antitesi, questa seconda opera, con REM, un lenzuolo bianco nel quale due bicchieri imprigionano altrettante mosche, fino alla morte per asfissia.
Ultima tappa milanese del ciclo The Season. Ci sarebbe da averne a stufo. Anche stavolta l'appuntamento si ripropone con uguale freschezza. Ci pensano le immagini stranianti di Robert Gligorov Volti e corpi ridotti alle loro componenti segniche essenziali.
Nella capitale il campione del new pop inglese. Con una serie di opere recentissime Sotto al gioco teatrale la sofferenza. Nel binomio imprescindibile tra vita e morte, Nicola Vinci nasconde sotto al belletto le nostre personali ossessioni Sul pavimento video e alle pareti frames. Immagini che conducono da New York a Tokyo, passando per Roma. Sul fondo una gabbia illuminata e informe racchiude il settantaquattresimo leopardo nero Facendosi, per l'occasione, pittore, con una serie di tele di grande formato, intitolate The Fragments.
Volti, particolari, presenze fasciate in stoffe preziose sono visibili da uno spiraglio aperto dall'artista sulla superficie bianca. Seguendo percorsi enigmatici, cancellando molti fattori di identificazione, amalgamando, infine, il corpo organico nell'equilibrio strutturale dell'astrazione geometrica, avverata sulla scorta di un disinteresse incondizionato per la rappresentazione.
Pur ammiccando, con sadismo, allo spettatore, che nella relazione col referente, con il frammento celato, ma riconosciuto, cerca la salvazione. Come nel caso di Africa, mappa concettuale di una geopolitica della miseria, in cui le sembianze del continente sono funestamente sostituite da quelle di un teschio, in una metamorfosi esasperata del concetto in immagine. Cercando nel principio di trasfigurazione la carica simbolica ed eversiva in grado di rinvenire nel cortocircuito visivo l'incrollabile certezza del messaggio. Tra corpo e tecnologia, tra naturale ed artificiale, nella confusione generale dell'equilibrio ordinario delle cose.
Con un suo logo" ha dichiarato Julian Opie Londra, in una recente monografia edita dalla Tate publishing. Nonostante ogni volto sia invariabilmente composto da un ovale, un paio di linee curve per la bocca e le sopracciglia e due puntini neri per gli occhi, le persone rappresentate risultano sempre caratterizzate e, nel caso di personaggi famosi, persino riconoscibili molto nota la copertina di un cofanetto dei Blur su cui campeggiano i quattro componenti della band britannica ritratti in opie-style. Questo risultato viene ottenuto grazie ad un procedimento di fusione. Gli ingredienti di partenza sono i due estremi che racchiudono tutte le possibili rappresentazioni del reale: In mostra presso la galleria Bonomo, in occasione della prima personale italiana dell'artista fatta eccezione per il progetto speciale realizzato alla Stazione Centrale di Milano nel , un gruppo di opere recentissime.
Alcuni ritratti, tra cui il raffinato Anya , in cui le sembianze standardizzate non impediscono alla raffigurata di mantenere fascino e allure sacrale ha il capo coperto da un velo di pizzo nero ; un'animazione in digitale - visualizzata su un monitor al plasma - ed una scultura di pietra nera. Quando affronta la figura umana intera, Opie porta la sintesi segnica alle sue estreme conseguenze, riducendo il corpo umano ad una silhouette, sormontata da un cerchio completamente vuoto.
Tutta la ricerca dell'artista, anche quando si dedica ad altri soggetti nudi, paesaggi, oggetti o animali , ruota attorno ad un'unica istanza: Sedici immagini di grandi dimensioni, dittici e trittici stampati su lambda e collegati a livello narrativo, mostrano la poetica complessa di Nicola Vinci Castellaneta, , giovane fotografo pugliese. La scelta dei colori vivi e contrastati e l'impostazione di gusto squisitamente pittorico dei lavori - dove il titolo stesso diviene parte fondamentale dell'opera e nel contempo chiave di lettura - mostrano uno studio sapiente e particolare dell'immagine e dell'ambientazione, che rimane quasi sempre neutra, come il fondo di un personalissimo palcoscenico.
Vinci mette in scena il Gran Teatro della Vita e della Morte costruendo vere e proprie scene teatrali alla maniera greca, truccando gli attori come se indossassero le maschere bianche delle tragedie, e scegliendo gli abiti di scena per mostrare l'aspetto viscerale legato ad un quotidiano che gioca sull'istante. Le farfalle che si posano sul cuore, anime che volano via e alludono alla legge del caos, i fiori, sempre ricorrenti nei riti religiosi, o i riferimenti alla tradizione pittorica al fiammingo Rogier van der Weiden nell'opera Lacrime o al nostro Veronese nel dittico Madonna con bambino, dove il piatto dietro la testa simboleggia l'aureola ed allo stesso tempo la decapitazione.
Fotografia e oggetto si richiamano a vicenda per connessioni psicologiche, laddove il soggetto viene oggettualizzato come essere inanimato, come natura morta, una statua all'interno dello spazio anonimo, dipinta di bianco come l'attore di un dramma in fieri. Stefano Cagol Trento, presenta in questa personale un consistente numero di lavori video, fotografie ed installazioni che, creando sinergie tra loro, restituiscono il giusto valore alla sua produzione recente.
Una bandiera americana senza peso e mossa da un vento "artificiale" assume varie forme, alcune rassicuranti altre minacciose, come delle moderne macchie di Rorschach. Il titolo della mostra Babylon Zoo: Cagol usa il video in modo particolare: Nell'ultima sala settantadue piccoli leopardi di ceramica bianca e uno di ceramica nera - realizzati a mano - sono sparpagliati sul pavimento, tutti rivolti verso il visitatore.
Completano l'opera una grande fotografia a colori di un leopardo di ceramica, classico soprammobile kitsch, e un'altra piccola fotografia in cui i leopardi sono tutti in fila. Dopo collettive prestigiose eccolo nuovamente, stavolta con una personale. Fatta di lavori su carta, wall painting e soprattutto fotografia….
Ma anche grembiuli da cucina e sturalavandini dildo per sbrigative casalinghe in fregola. L'orrore e l'eccitante idiozia della vita tra due mura…. Colpo di scena sul finale di una storia che profuma d'estate. Tante le implicazioni psicologiche nella sua indagine imperniata sulla famiglia…. A cinque anni dalla sua ultima personale, Margherita Manzelli torna con una mostra raccolta, a tratti misteriosa. Mettendo nuovamente in scena le sue fragili eroine, sospese tra luci e ombre Disegni e grafiche futuriste dedicate al ritratto, ma non solo.
In mostra anche bozzetti per sculture, xilografie sportive ed un fascinoso Romolo Romani….
Ma stavolta come protagonista, con una mostra divisa fra gli spazi della "vetrina" e quelli della galleria. Attraverso riferimenti ai fumetti e all'Espressionismo astratto, l'artista esprime un universo composto soprattutto da elementi onirici e surreali, oltre che da suggestioni pop. Ogni fotografia mostra piccoli dettagli, molti dei quali indecifrabili. Solo qualche volta, osservando con molta attenzione, si possono ricomporre le immagini originarie, prese e sezionate dall'artista per formare un grande lavoro astratto.
Ma nella maggior parte dei casi le immagini rimangono semplici segni. Il domestico, ovvero la pornografia dei sentimenti. I suoi disegni, scarni ed essenziali, sono l'emblematico punto d'incrocio dell'economia del soggetto rappresentato con l'economia dell'agire artistico. Ma non quella del pensiero, che sgorga anzi arzigogolato e barocco, talvolta perfino troppo autocompiaciuto nelle proprie evoluzioni da saltimbanco. I suoi soggetti sono quelli della casa, vissuta e abitata da uomini e donne. Dalla coppia, si direbbe.
Tra pareti che diventano mura di un piccolo carcere familiare, fatto di lavoro in cucina, pulizie, gelosie, attese per il " cesso mai libero ". Raggruppati in sette serie fantasiosamente titolate, ci sono disegni dedicati alle diverse stanze della casa, realizzati su brandelli di fogli incollati a carta da parati kitsch anni Sessanta o tovagliette ocra -simili a quelle delle pizzerie talvolta macchiate e sporche come fossero state usate.
E ancora gli oggetti della cucina? E come non potrebbe essere la cucina il centro dell'attenzione? E alla nostra casalinga che nasconde i trucioli sotto il tappeto del salotto non resta che buttarsi nel sentimentale da arie d'operetta. Come quelle cantate durante l'inaugurazione da un interprete in pigiama e vestaglia. Un'estate cadenzata dalle note del Requiem di Mozart. Gioca sulla dicotomia, l'artista romano, procedendo per opposti: La famiglia che inquadra madre, padre, figlia - appartiene a quello standard culturale medio-alto, pregno di cultura minimale e depurato dagli eccessi.
La famiglia, quindi, come sicurezza data dall'appartenenza ad uno stesso sangue e, nello stesso tempo, come microcosmo che succhia energie. Accentua questo concetto di chiusura verso il mondo esterno la presenza, nella seconda parte del video, di un'automobile un bel fuoristrada nuovo-metallizzato-costoso , ulteriore elemento di appartenenza ad uno status apparentemente vincente, anche questa percepita da Sassi in chiave psicologica: Per questo ricorre in maniera critica alla visione pubblicitaria.
Intorno alla jeep, immobile sul verde intenso di un prato, un gruppo di giovani donne pedala formando un cerchio di biciclette in movimento: Del resto anche i suoi ricami, file ordinate di pois e triangoli rivolti verso il basso, come nei due "arazzi" che inquadrano la vettura, implicherebbero un riferimento alla morte , altrove anche quadrati e rombi, altro non sono che la codificazione di un'ossessione.
Verde su verde nell'inquadratura finale del video e nei due "arazzi" corrispondenti. Al verde brillante dell'erba risponde il verde del tubo di gomma collegato al tubo di scappamento del veicolo, che va a finire dentro l'auto. Nel suicidio collettivo, deciso dal capofamiglia, la soluzione al malessere. Da anni procede in una ricerca costante che, di lavoro in lavoro, interroga e modula la figura umana femminile. Un'altra costante, rintracciabile anche nei lavori esposti in questa personale, risiede nel limite.
La Manzelli sembra sempre interessata ad individuare un punto, un confine - reale o arbitrario - che improvvisamente innesca un mutamento. Nel primo grande dipinto la figura femminile occupa un piccolo posto nell'immagine, sembra come deposta su di un altare. La luce algida ne descrive e ne sottolinea l'anatomia scarna, enfatizzandone lo stare precario, persino scomodo del soggetto, che indirizza verso lo spettatore uno sguardo enigmatico. Altrettanto remoto appare lo strano oggetto sul quale la figura poggia le spalle e il capo: Eppure, se da un lato, una simile illuminazione e la disposizione quasi luttuosa del corpo conferiscono un aspetto spirituale e meditativo alla figura, l'esplosione di segni, scarabocchi e cartoonesche presenze che costellano lo sfondo, sottraggono l'intera composizione ad una lettura completamente escatologica per consegnarla ad una dimensione di ulteriore mistero.
Appena si scorgono le spalle, i seni ed il copricapo appuntito che, insieme alla sciarpa, inquadra il viso triangolare esattamente speculare al triangolo di buio rappresentato dal cappuccio. Il viso della ragazza sembra qui una maschera di cera, riscaldata da una luce confinata al centro del volto che ne racconta i lineamenti pronunciati, la consistenza burrosa e gli occhi lucidi.
Guenzani Viamelzo5 fino al 30 settembre Via Melzo, 5 dal mer. A chi giunga a Rovereto per visitare la bella mostra organizzata dal Mart sul futurista Ernesto Michahelles, in arte Thayaht, consigliamo di non perdere il progetto espositivo alla Galleria Transarte dedicato al ritratto futurista.
Tre gli artisti presi in esame: Ad iniziare da una sorprendente serie di bozzetti scultorei dal gusto modernista, che a breve verranno utilizzati per realizzare una serie di multipli. Queste piccole sculture, stilisticamente affini a quelle di Thayaht, sintetizzano l'essenza ardita e talvolta retorica di paracadutisti, sbandieratori e fanti. Di tutt'altra essenza e dimensione la filiforme Ballerina del , bell'esempio delle cosiddette filoplastiche, sculture decorative che - come suggerisce il nome - sono realizzate utilizzando un filo metallico, in genere di rame od ottone.
Di particolare interesse i numerosi soggetti sportivi, ma anche quelli dedicati alle colonie africane tanto care al regime fascista. E qui giungiamo, last but not least, al tema della mostra, come preannunciato non esclusivo, con una serie di ritratti inediti dedicati a Crali e soprattutto con il Ritratto sintetico di F. Marinetti realizzato nel I ritratti del maceratese Ivo Pannaggi , caricaturali e lineari, offrono invece una divertente carrellata su trentasette personaggi del tempo, da de Chirico a Rettaroli, da Mies van der Rohe a Marinetti, da Buster Keaton a Pirandello.
Pirandello, Govoni, Folgore, Huysmans, Dalaunay… fino allo stesso Prampolini, che ha dedicato a se stesso una copiosa quanto interessante serie - realizzata tra e di intensi autoritratti. Luca Guenzi Bologna, presenta una serie di ventiquattro oli su tavola, tutti di piccole dimensioni e tutti sullo stesso tema.
Sono vetrine bolognesi, che espongono una volta un paio di scarpe, un'altra dei gomitoli, una terza della carta da lettere e degli inchiostri. Nell'installazione Golinelli fa diventare gli stessi spettatori osservatori di un processo simile, facendo coincidere il loro punto di vista con quello di un bambino che di fronte ad una vetrina di giocattoli immagina i personaggi muoversi e recitare scenette.
I due artisti, alla loro prima mostra, si conoscono da molti anni, da quando nel hanno fondato insieme Uniaquattro, un'agenzia di illustratori. Le tecniche utilizzate dai due sono tuttavia state sempre molto diverse. Diversi media e materiali per esprimersi. Speculazioni di un artista tedesco sull'idea di spazio ristretto…. L'oggetto riproduce lo spessore esistente tra lo stipite e la porta dello studio dell'artista. Tra il luogo della riflessione e quello della realizzazione. In piedi, fermo, in movimento, rannicchiato, fuori campo, in primo piano, l'artista sembra un animale in gabbia, insofferente al suo stato di prigionia.
A formare una scura tenda su cui le ombrose sagome fissate nei singoli fotogrammi creano nastri decorati. Un'immagine fissa in cui sono solo gli impercettibili movimenti del volto che denunciano il lento trascorrere del tempo. Incontro di linguaggi artistici contemporanei. Tra video e foto. E volti sfocati, quasi anonimi. Straordinario viaggio nel mondo di Bettie Petith. Che Guevara ha ormai la classica pancia da alcolista, mentre Malevic trasforma il suprematismo in pane e salame. Per non dire degli ufficiali della gloriosa Armata Rossa, che si sbaciucchiano nella neve Truman Capote e le sue storie.
Un personaggio leggendario ed un'installazione post-minimalista. Le storie complete di…. Una serie di foto digitali su carta fotografica montata su legno, un video e una montagna di palline di carta. Il titolo - For Bettie prende spunto dalla figura di Bettie Petith, stravagante ed eclettica signora americana in Italia da quasi trent'anni e da sempre impegnata nel sociale, soprattutto in Africa e in America Latina.
Infermiera - Queste sono cose dell'amministrazione. Becoming secularized or confiscated by the State this was the case, among others, of the Dervish Il tici, s'installano al centro di grandi tele, solitamente giocare spontaneamente con le emozioni e con i bianche. Pianto disperato di un bambino. Additional ingredients — pulses, yogurt, herbs, and spices — might be taken from local suppliers, kitchen gardens or other nearby sources. It is important not to reduce charity to an activity of the elites but rather to understand what kind of society produced these elites and how they influenced the policies governing philanthropy.
Mele sviluppa la sua ricerca utilizzando diversi livelli: Le sue opere sono caratterizzate piuttosto da un rapporto molto stretto con l'interlocutore. In questa "personale" tornano ovviamente gli stilemi distintivi del duo russo: Ma campeggiano anche mostri sacri come Kazimir Malevic, il cui suprematismo diventa un'installazione di pane e insaccati nel sotterraneo della galleria.
E tutt'intorno sono appesi gli scatti, sicuramente meno esplosivi ma crediamo necessari per un collezionismo che ancora tituba di fronte all'acquisto dei DVD. Un'unica installazione composta di tre pezzi intimamente collegati tra loro. Un'unica opera, si potrebbe dire. The Complete Stories…, allora, oltre ad essere direttamente prelevato da una famosa raccolta di racconti dello scrittore, sta ad indicare un'analisi quasi scientifica della sua vita, scandagliata in ogni aspetto e dettaglio rivelatore.
Un'esistenza singolare e complessa, quella di Capote, che nel lavoro di Burr dialoga in maniera sorprendente con l'impianto postminimalista delle strutture. I pannelli di legno dipinto di bianco sono ricoperti esternamente di specchi, che amplificano i punti di vista e lo spazio fisico dell'opera. Vi si riflettono immagini, oggetti - una veste da camera, due ventagli di canapa, un pezzo di stoffa colorata - che si richiamano e si ripetono da un angolo all'altro. L'autore di In Cold Blood e di Other voices, other rooms ci si rivela nelle sue debolezze e nei suoi gusti raffinati, attraverso fotografie della sua casa da sogno e prime edizioni dei suoi romanzi.
La struttura dunque, il look, non sono tutto, e servono le stories per 'colorire' l'opera. Vicende esemplari, parabole, epica e tragedia sembrano davvero ricominciare a scorrere significativamente nel tessuto logoro dell'arte contemporanea. Tanto basta a farne un'interessante metafora della nostra epoca storica, anche se bisogna aggiungere che il lavoro di Barr appare piacevolmente privo di ogni moralismo e retorica. Infine, le parole scritte e pronunciate dal protagonista assoluto di questa mostra sono centrali nel conferire ai pezzi il ritmo ed il mood giusti: Antonio Ligabue Espressionista tragico "Toni al matt" lo chiamavano gli amici di paese.
Con duecentosettanta opere in esposizione tra Reggio Emilia e Gualtieri, riunite in mesi e mesi di lavoro, Antonio Ligabue Zurigo, Gualtieri, viene presentato con una nuova chiave di lettura da parte dei curatori Sergio Negri e Sandro Parmiggiani. Una prospettiva che vede nel "dilettante genio" uno dei protagonisti del XX secolo, un grande espressionista tragico, al pari di Van Gogh e Munch. Riduttivo e semplicistico dunque definirlo un naif della bassa padana - termine peraltro inflazionato e declassato rispetto al suo significato originario di fine Ottocento riferito al Doganiere Rousseau - o, ancora peggio, solo un folle.
Una vita vissuta come dramma conflittuale che non lascia tregua, per il pittore che amava il suo Po. Un'esistenza trascorsa fuori e dentro il manicomio, dove l'arte rimaneva puro e semplice. Tel Fax info palazzomagnani. Una vita passata a contatto con l'universo animale che amava tanto, che ritraeva con uno studio anatomico eccezionale, con la foga del colore, imitandone i versi mentre dipingeva, compenetrandosi ad esso.
Rilievi che modellava forsennatamente con le mani e con la terra del Po, talvolta masticando il fango in bocca e impastandolo con la saliva per. A Palazzo Bentivoglio di Gualtieri, paese adottivo, la parte scultorea e la parte grafica, novanta opere su carta, realizzate a matita, pastello e china e le celebri incisioni ad acquaforte e puntasecca di epoca tarda.
Grazie alla terra che l'ha adottato, il grande pittore tragico ha finalmente trovato il suo riscatto. Evento che rientra nelle celebrazioni del VI Centenario dalla nascita di Alberti. Centoventi opere eseguite dagli artisti del suo tempo Ma chi era Leon Battista Alberti? Al tempo stesso architetto, letterato, archeologo, studioso e teorico; capace di spaziare a trecentosessanta gradi nel mondo della cultura. Nella mostra al Campidoglio si trovano diversi pezzi architettonici antichi capitelli, fregi , collocati a fronte di rari disegni architettonici quattrocenteschi che illustrano la conoscenza e l'ispirazione nei confronti dell'arte antica degli architetti del ' Si scambiano qualche effusione, poi estraggono due coltelli e, in un'atmosfera di sensualissima partecipazione, iniziano a mutilarsi e scuoiarsi a vicenda, per cibarsi infine con la carne dell'altro.
Loro sono Bjork e il marito Matthew Broderick e la scena di cannibalismo proviene dal film, interamente muto, 'Drawing Restraint 9', da lui stesso diretto. Motivi professionali e ideali. In che quartiere vivi? Ora su Bedford, la via principale, sta aprendo un Subway, ristorante di una catena di fast food, il che, per molti isterici "lefty" vuol dire l'inizio della fine! Quando a Roma, a Piazza del Popolo, girava bello da mozzare il fiato Franco Angeli, l'irsuto Tano Festa ed il deliziosamente antipatico Franco Schifano, tutte le signore perdevano la testa.
Da qualche mese ne ho preso in affitto uno di duecentocinquanta metri quadri, con Marco Cingolani. Sono vicino alla riva sull'Hudson e dal mio portone si scorge l'imponente massa ottocentesca della fabbrica Domino Sugar. Un paesaggio post-industrialchic, perfetto per un servizio di moda sui settimanali femminili. Ho fatto qualche group show ed una personale con la galleria con cui lavoro, la Luxe; ho partecipato poi ad una collettiva a White Columns curata da Micaela Giovannotti. Le prossime occasioni saranno dei group show a Chelsea, a cura di David Hunt.
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E in Italia, a cosa stai lavorando? Sono molto concentrato sul lavoro qui. Ovviamente Chelsea per le gallerie; vado molto spesso al Metropolitan, alla Frick, al Withney e anche allo Zoo, a Union Square al cinema, alla Virgin, in un negozio di fumetti, il Forbidden Planet e Strand per i libri; poi a Canal Street, da Pearl, dove compro il materiale per i quadri. Quanto e come ha influito sul tuo lavoro il trasferimento?
Eccola tutta l'insignificanza che produciamo: Quelli che non ami frequentare? Mi fa troppa tristezza. E con il circuito artistico locale in che rapporti sei? Un posto di Nyc che ha per te un valore speciale. Io poi sono un tipo che non si affeziona a nulla in particolare. A New York mi sento a casa, in generale. Se faccio uno sforzo "sentimentale", potrei dire di essere ancora legato ad un posto vicino al mio vecchio studio: Soprattutto la sua base a terra, un capolavoro di architettura "beaux arts" applicata ad uno sforzo ingegneristico colossale Uno sguardo sulla scena artistica newyorkese.
Molto viva e piena di sorprese: La storia si scrive a partire dalle esperienze quotidiane e nessuno ha il diritto di calarla dall'alto imponendo ideologie estetiche deterministiche che soffocano l'evoluzione delle cose. Volti Alla scoperta del nuovo Museo della Fotografia Contemporanea. Dalla posa borghese allo scatto di ricerca Cinquanta scatti del grande reporter italiano - inventore della fotonotizia - nel mondo del cinema tra la fine degli anni Trenta ed i primi anni Sessanta. Patellani non era un fotografo di scena, i suoi divi sono spesso colti di sorpresa oppure cristallizzati in.
Abitanti dell'immaginario collettivo che fu, collocati in uno spazio ultra moderno: Sul lucente candore della piazza il bianco e nero di Patellani risalta e si carica di vigore. All'ingresso, in contrapposizione ai divi dello star system, pochi scatti di per-. Foto sbiadite e ingiallite di sposi, famiglie e soldati: Poi, al primo piano, inizia la mostra vera e propria. Ottanta fotografie di trentacinque artisti che attraverso la rappresentazione del volto ricercano la dimensione interiore, denunciano una condizione.
Ritratti dalle collezioni Volti. Ancora nomi importanti ritratti da fotografi di fama: Chiudono la mostra gli scatti sperimentali: Molti gli artisti presenti, tante le tecniche. Per tutti un'unica fonte di ispirazione: Con pittura, scultura e tanta fotografia. Ancora una volta tutti uguali e in divisa, anche se le nuove divise sono gli abiti alla moda imposti dai gusti occidentali.
Gli artisti si fanno portavoce di un disagio crescente. I cambiamenti sono stati troppo rapidi e difficili da comprendere. Si avverte il rimpianto per una Cina che va rapidamente scomparendo, quella delle tradizioni millenarie come la calligrafia che Gu Wenda continua a far vivere nelle sue opere che utilizzano capelli per riprodurre gli ideogrammi dell'alfabeto cinese Hair Text in Fake.
Non tutte le opere sono ugualmente convincenti, diverse le tecniche, molti gli artisti presenti circa set-. Fino ad ora gli artisti cinesi hanno tratto ispirazione dal loro presente, raccontato con coraggio e determinazione. Merita di essere citata una lodevole iniziativa: Passato e presente si combinano in un'armonia visivamente incongrua. Inchiodano poi i visitatori alle sedie con i loro video, della durata minima di venti minuti, tutti imperdibili.
In un complesso assemblaggio di generi e forme, che vanno dal documentario al music video, adottando immagini, testo e musica in ugual misura, questa coppia. Malinconia e ironia sottile conducono tuttavia questi artisti oltre la pura rabbia rivoluzionaria punk, consentendo la realizzazione di un discontinuo eppure articolato ritratto di Londra come in Driftwood del , dei suoi grigi sobborghi House and Garage , dei paradossi della campagna inglese.
Questa mostra raccoglie tutte le opere finora realizzate da Oliver Payne e Nick Relph. Un gruppo di bambini suonano off-sink in una coloratissima garage band, una ragazzina si copre i piercing con dei cerottoni colorati per lavorare da Starbucks, due adolescenti tentano di giocare su uno scooter sopra un tapis-roulant, una coppia di giovani si bacia in una stanza piena di animali impagliati, davanti ad una televisione dove scorrono scene raccapriccianti sulla caccia. Meno frammentario nelle immagini, eppure logorroico nei testi, Gentlemen combina formazioni astratte di luci e decorazioni natalizie della nota Carnaby Street a suoni di batteria, codice morse ed un narrato composto da luoghi comuni e vuote espressioni tipiche del linguaggio quotidiano.
Infine, nel nuovissimo Sonic the Warhol una coppia di teenagers visita lo zoo. La bellezza e la perfezione delle diverse specie animali, tradizionalmente celebrate nel genere del documentario, viene clonata ed insieme annullata nella loro rappresentazione grafica, mentre il volto dei due ragazzini viene sostituito da un cortocircuito di smiles, punti interrogativi e altri simboli dell'immaginario pubblicitario contemporaneo. Il Perugino si concentra solo sulla parte superiore del torso di Sebastiano.
Sembra un dettaglio preso da un altro quadro o addirittura un production still di un lungometraggio. Sono a un bivio: E' l'artista che parla. E la Spector coglie al volo l'input intellettuale: Mi domando se il dipinto non possa essere un velato autoritratto dello stesso Pietro Vannucci". Con questi lavori in particolare e con questa mostra in generale Gordon rimette in discussione anche la propria ricerca artistica, fatta di continue "appropriazioni indebite": In programma film che ripropongono i quesiti di cui sopra. Mamoulian, , "All about Eve" J..
Mankiewizc, , "The legend of Leigh Bowery" C. Con un'attenzione straordinaria per il dettaglio, possibili soluzioni abitative che oscillano tra il precario- fatiscente e l'avveniristico, vengono inserite in una natura impervia o desolata che include tanto il deserto californiano quanto il circolo polare artico. Particolarmente intriganti per il latente mimetismo le geo-cupole annidate tra le rocce del Mojave Desert -It was madness to think they'd never find us. It all seems so long ago now - memori delle strutture di Buckminster Fuller, come pure il rifugio di vetro alla John Lautner, dai surreali riflessi in bianco e nero, miracolosamente sospeso sulla cima di un crinale polare In the future no one will live in cities.
Questi due poli sembrano paradossalmente combaciare allora nella serie di fotografie Kinnvika, raccolte nella project room. Parte del Cape Farewell Project, queste immagini riproducono le costruzioni 6. Un ensemble di capolavori accostati per la prima volta alle creazioni dei successori di Christian Dior, da Yves Saint-Laurent fino a John Galliano. Enabled Amazon Best Sellers Rank: Share your thoughts with other customers.
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